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L'ARTE TRANSGENICA DI EDUARDO KAC
Riflessioni etiche sugli sviluppi artistici legati alla scienza
Carolina Lio
SI È DETTO A PROPOSITO DELL’ARTE CHE ESSA NON SCANDALIZZA PIÙ, E CHE L’ARTISTA, consapevole di questo, cerca di spingersi maggiormente all’estremo per creare meraviglia nel suo pubblico. Ci riesce perfettamente Edoardo Kac, che con la sua arte transgenica ci porta nel futuro e solleva discussioni di tipo etico che ritornano in auge a seguito dell'ultima pubblicazione: "It's not easy being green". L’arte transgenica mischia la biotecnologia all’arte creando un “gene d’artista” che, integrato al DNA di un essere vivente, consente di creare nuove specie in esemplari unici.
Un esempio oramai datato e noto a tutti è quello di “Alba”, la coniglietta verde. Secondo Kac, applicando questa nuova forma d’arte ogni famiglia potrebbe avere un animaletto personalizzato a proprio gusto. Questa scoperta ha fruttato a Kac l’appellativo di “Creatore dell’ottavo giorno” oltre a una spaventevole fama mondiale come artista-scienziato. Le sue opere sono state esibite negli Stati uniti, in America del sud, in Russia, in Giappone e in Austria. In un dibattito pubblico condotto da Shona Reed, ha spiegato i punti su cui intende poggiare il suo movimento artistico.
Dal suo discorso emerge che è suo intento creare animali chimerici che siano argomento di mediazione dialogica tra diversi ambiti: filosofico, sociale, scientifico, letterario, artistico. Vuole inoltre concentrare l’attenzione pubblica sui nuovi sviluppi della genetica e su una nuova idea dell’arte che si deve confrontare giornalmente con temi attuali, politici, sociali e strettamente materiali.
Le prime polemiche raggiungono Kac nel 2000, subito dopo la realizzazione di Alba. Ci si chiedeva se gli esperimenti condotti dal nuovo “creatore” non fossero a conti fatti dannosi per l’animale. La scienza ci risponde di no. Il gene che aveva trasformato Alba in un coniglio verde fosforescente, era ottenuto da un tipo di medusa (Aequorea Victoria) e per lo più già usato scientificamente come marcatore per l’individuazione di alcune proteine. Il suo unico effetto sarebbe quello di rendere visibili alcune caratteristiche invisibili all’occhio umano.
Infatti idea di Kac sull’arte è che essa deve “spostare la nostra attenzione su ciò che resta saldamente nascosto alla vista ma che nondimeno ci influenza direttamente”. Cosa ci dice invece l’opinione pubblica? Il discorso scientifico passa qui in secondo piano come quello artistico, lasciando spazio ad una riflessione che punta i fari sul diritto a una dignità che abbraccia tutte le forme di vita. Il diritto che Kac si arroga di essere secondo creatore e di poter disporre delle forme della natura com’egli crede, è bocciato dalla maggior parte del pubblico.
Tra tutte si distingue una delle poche voci specialistiche ad avere dei dubbi sulla correttezza di questi esperimenti. Sto parlando di Bill Joey, uno dei fondatori della Sun Microsystem, che fornisce i software alla nuova bioinformatica. Egli sostiene che dalle nuove scienze biologiche e informatiche potrebbe scaturire una catastrofe; infatti i nuovi strumenti di cui la scienza dispone sono sempre più potenti, meno complessi all’utilizzo, e sempre più incidenti nei processi estrinsechi della vita. Joey invita gli scienziati a fare un passo indietro nella strada del progresso e a chiedersi se l’avanzata feroce della ricerca è una valore da difendere a ogni costo e da anteporre ai valori umani finora perseguiti.
Inoltre vi è una terza scuola di pensiero schierata contro Kac, che critica l’ipocrisia dei suoi finanziatori, a loro dire per nulla interessati al discorso artistico ma solo a un ritorno economico. La storia di Alba infatti vede l’incontro di Kac con L’Istituto Francese per la Ricerca Agronomica. Lo scopo è quello di produrre un’opera straordinaria per la mostra d’Arte Digitale di Avignone. I membri dell’istituto che hanno accettato questo esperimento sono stati 8600. Molti si interrogano se questa mobilitazione si è avuta solo per fini puramente artistici.
Tra questi troviamo la voce di una giornalista di Polimedium, Sabrina D’Orsi, che nel numero 101 della rivista ci informa: “Sembra che per questi esperimenti fossero stati in passato stanziati degli ingenti investimenti perché in qualche modo legati alla produzione di nuove droghe”. Kac sembra essere invece fermamente convinto del valore artistico estrinseco e positivista delle sue produzioni.
Come affermava nel numero 8 della rivista Mind the Gap: “Gli artisti reinventano costantemente il loro ruolo. Oggi l’attenta e responsabile creazione di nuove forme di vita è un passo radicale nello sviluppo dell’arte del futuro”.
23-06-2003
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