Parol Quaderni d'Arte e di Epistemologia, Dipartimento di Filosofia, Università di Bologna, February 2006 <http://www2.unibo.it/parol/home.htm>.


LA TRANSGENIC ART DI EDUARDO KAC

di Comin Sabrina

Introduzione

L’avvento delle nuove tecnologie ha mutato profondamente la nostra cultura e, conseguentemente, anche l’arte. Il sistema tecnologico odierno ha agito sul territorio dell’arte esercitando da un lato una ’forza esterna’ che ha portato a mutamenti estetici, dall’altro una ’forza interna’ che ha influenzato direttamente le procedure artistiche. L’arte, infatti, ’prende forma’ utilizzando gli strumenti che la cultura stessa le offre, e oggi, tra gli strumenti disponibili, essa sfrutta anche nuove tecnologie che spaziano dall’informatica alla biotecnologia.

In questo contesto si inserisce l’artista brasiliano Eduardo Kac. Nel corso della sua carriera artistica egli ha sempre avuto la sensibilità di intravedere le possibilità specifiche delle tecnologie emergenti e la capacità di sfruttarle.

Alla fine degli Anni Novanta GFP Bunny , una delle sue opere Transgeniche è stata censurata. L’opera consisteva nella creazione ed integrazione sociale di un coniglio fluorescente, ma l’idea che le tecniche d’ingegneria genetica venissero utilizzate con fini artistici ha scandalizzato molti.

In questo lavoro non si pretende di dare un giudizio riguardo le delicate questioni etiche e sociali che inevitabilmente vengono sollevate dall’argomento. L’ obiettivo è quello di far conoscere e comprendere la Transgenic Art di Eduardo Kac in quanto arte innovativa e frutto di una poetica complessa, per evitare, come è già accaduto con GFP Bunny, che essa venga erroneamente considerata mera spettacolarizzazione tecnologica.

A questo proposito, la prima parte dell’elaborato percorrerà sommariamente le esperienze artistiche di Kac precedenti alla Transgenic Art. Si avrà modo di constatare come l’artista, nel corso degli anni, abbia sempre utilizzato media emergenti cogliendone le caratteristiche più intrinseche.

Successivamente si tratterà il tema dell’Arte Transgenica. Dopo una breve presentazione di questo nuovo genere artistico, si passerà alla descrizione delle opere transgeniche realizzate finora da Eduardo Kac e i meccanismi attraverso cui sono state create. Per ogni lavoro, inoltre, si tenterà di chiarire quali siano nello specifico gli intenti artistici di Kac.

EDUARDO KAC: BIOGRAFIA E PERCORSO ARTISTICO

Eduardo Kac nasce in Brasile, a Rio de Janeiro, il tre luglio del 1962. Nel 1989 si trasferisce a Chicago dove vive tuttora. Artista, scrittore, ricercatore e dottorando presso il Centre for Advanced Inquiry in Interactive Arts della University of Wales, a Newport, nel Regno Unito, è anche docente di Arte e Tecnologie in qualità di Assistant Professor presso la School of Art Institute of Chicago.

A partire dai primi lavori all’inizio degli Anni Ottanta fino ad oggi, l’arte di Kac ha rivelato un grande eclettismo. Egli infatti non si è mai interessato allo sviluppo di una forma artistica in particolare, al contrario, si è concentrato nell’utilizzo sperimentale di diversi media e tecnologie avanzati arrivando anche a creare nuove forme artistiche. Eclettismo però non vuol dire incoerenza, infatti, i contenuti della sua ricerca, pur condizionati dal mezzo attraverso cui vengono trasmessi, si mantengono invariati negli anni. Già nelle prime esperienze performative degli Anni Ottanta, ad esempio, era spiccato in lui l’interesse per il corpo e la sua presenza, che da reale e fisica è divenuta poi virtuale, attraverso l’utilizzo di mezzi di telecomunicazione.

La riflessione sulla comunicazione poi, intesa ampiamente come processo che porta distinte entità a contatto, permettendo scambio e trasformazione, è un altro dei concetti chiave dell’arte di Kac. Nei suoi lavori egli esamina sistemi linguistici, scambi dialogici e comunicazione tra forme di vita differenti.

Un altro aspetto caratteristico dell’arte di Kac sta nel fatto che non vengono fornite opere a cui l’osservatore, passivo, deve dare un’interpretazione. Il ruolo cognitivo giocato tradizionalmente dall’osservatore nell’interpretare un lavoro artistico, nell’arte di Kac è manifestato fisicamente sia nel percorso aperto dell’opera, sia nell’intelligenza sinestetica dell’utente[1]. L’interazione e quindi la condivisione degli  stessi strumenti che usa l’artista, diviene parte dell’opera stessa.

Percorrendo le varie tappe che segnano la carriera artistica di Eduardo Kac, vedremo inoltre come la sua ricerca si riveli sensibile ai cambiamenti che l’estensione delle reti di comunicazione e lo sviluppo tecnologico hanno apportato nella nostra società. Kac riflette sulla contemporaneità utilizzando i  mezzi che essa stessa offre, come forma della sua arte. Di questi mezzi sfrutta le caratteristiche più intrinseche inserendosi così in quella che viene chiamata la nuova estetica del sublime tecnologico[2].

La carriera artistica di Eduardo Kac ha inizio nel 1980. Da allora, e per i due anni successivi, l’artista si esibisce, assieme ad un gruppo di artisti da lui fondato, in performances che si svolgevano prevalentemente in luoghi pubblici. Queste performances, cariche di significato politico, nascevano come reazione allo stato di dittatura che ancora in quegli anni governava il Brasile. I loro obiettivi principali riguardavano il recupero del senso di spazio pubblico e una riflessione sul corpo, inteso come luogo di piacere e non più come vittima di torture e repressione politica. Questi lavori, pur distinguendosi parecchio da quelli successivi, che caratterizzeranno Eduardo Kac, devono essere visti in chiave di un percorso artistico sempre strettamente legato al periodo storico e allo stato sociale e culturale che ne deriva. Kac, infatti, si è sempre rivelato sensibile a questioni politiche e sociali tentando, attraverso la sua arte, di far emergere argomenti spesso delicati per creare dialogo con il pubblico e portarlo a riflettere[3].

Negli anni immediatamente successivi, Kac si dedica alla Holopoetry (poesia olografica). Questo termine, coniato da lui stesso nel 1983[4], sta ad indicare un metodo sperimentale di creazione poetica attraverso il mezzo olografico. L’innovazione e l’unicità di questo genere artistico, stanno proprio nella scelta di sfruttare un nuovo medium e le sue caratteristiche intrinseche per fare poesia. L’Holopoetry, infatti, è organizzata in uno spazio tridimensionale e immateriale che svincola il testo dagli evidenti limiti che gli imponeva la bidimensionalità. La sua percezione non è né lineare né simultanea: è un evento spazio-temporale che avviene attraverso frammenti visti in modo casuale. La percezione semantica e sintattica del testo è  inseparabile da quella di colori, volumi, gradi di trasparenza, cambiamenti di forma, posizione di lettere o parole, apparizione e sparizione. Attraverso questo sistema Kac crea poesie che sembrano riuscire ad esprimere dinamicamente la fluidità del pensiero, distaccandosi da quelle tradizionali per malleabilità, fluidità ed elasticità.

Tra la fine degli Anni Ottanta e l’inizio dei Novanta Kac da vita alla Telecommunications Art.  Sotto questo nome vengono raccolte tutte quelle opere dell’artista che si sono avvalse di media di telecomunicazione in un periodo anteriore all’avvento di Internet. Attraverso queste opere Kac connette spazi lontani facendoli interagire tra loro. Lo scopo è quello di riflette e far riflettere lo spettatore interattivo sugli effetti estetici della comunicazione a distanza, sorretta dalle varie interfacce tecnologiche. I mezzi da lui utilizzati singolarmente o combinati tra loro sono il Videotext, la Slow Scan TV e il Fax.

Con l’avanzare degli Anni Novanta è la volta di Internet ed Eduardo Kac non si lascia sfuggire questo nuovo tipo di spazio telematico. Attraverso la  Telepresence Art egli promuove nuovamente l’interazione a distanza ma questa volta attraverso la combinazione di telecomunicazione, robotica e internet[5]. In questi lavori Kac riflette sulla visione a distanza, in particolare sull’estensione del proprio corpo in un altro (robot), esperienza che può essere vissuta solo attraverso l’utilizzo di mezzi di comunicazione odierni.

 La tipologia d’arte a cui Kac si dedica, prima di passare alla Transgenic Art, risale alla fine degli Anni Novanta e prende il nome di Biotelematic Art. Qui la materia biologica, ultima frontiera d’influenza delle nuove tecnologie, non viene risparmiata. Nella Biotelematic Art, infatti, l’artista connette processi biologici alla telecomunicazione e alla robotica, affrontando così tematiche delicate e strettamente legate all’impatto tecnologico di questi ultimi anni. Eduardo Kac è consapevole del fatto che l’odierno connubio tra biologia, robotica e digitale, non solo sta cambiando la concezione del nostro corpo, ma sta anche creando un nuovo ecosistema in cui il concetto stesso di vita cambia[6]. ’La mia ricerca è sensibile a tutto ciò e allo stesso tempo spera di contribuire al passaggio verso una cultura post-biologica’[7].

L’ARTE TRANSGENICA

L’ingegneria genetica è sicuramente una delle discipline tecnologiche più innovative e promettenti dei nostri tempi. Come ogni novità importante, essa  porta con sé innumerevoli vantaggi e speranze, ma anche altrettante paure connesse al rischio di un suo abuso. La possibilità di manipolare il genoma di ogni essere vivente, compreso l’uomo, è una questione di una portata talmente grande che non può essere risolta semplicemente in ambito scientifico. Le profonde conseguenze che apporterà già nel nostro secolo e la sua diretta connessione agli ambiti politico ed economico, porteranno al coinvolgimento della società  nella sua interezza[8]. Eduardo Kac è consapevole di questa situazione ed è convito che, per affrontare una questione così delicata, sia necessaria una collaborazione da parte di diverse discipline per poterla valutare da molteplici punti di vista. ’E’ chiaro che la manipolazione genetica diventerà una parte integrante della nostra esistenza nel futuro. Gli esseri transgenici popoleranno il paesaggio terrestre, organismi transgenici vivranno nelle nostre fattorie ed animali domestici transgenici entreranno a far parte delle nostre famiglie. Non possiamo ancora dire se sia un bene o un male, ma sta di fatto che la carne e i vegetali che mangeremo non saranno più gli stessi. Nel futuro avremo noi stessi del materiale transgenico, impianti meccanici ed elettronici all’interno del nostro corpo. In altre parole, diventeremo transgenici.’[9] Eduardo Kac, artista da sempre impegnato nel sociale, crede che l’arte possa svolgere un ruolo di grande valore in un momento del genere. L’arte può contribuire alla conoscenza delle implicazioni culturali e delle rivoluzioni ad essa sottostanti offrendo il suo punto di vista, anche quando si parla di biotecnologia. Può aiutare la scienza a comprendere il ruolo che la comunicazione e le relazioni sociali hanno nello sviluppo di un organismo. Allo stesso modo può servire a smascherare false credenze sul DNA. Non meno importante risulta il contributo che l’arte può dare al campo estetico aprendosi a nuove dimensioni simboliche e pragmatiche. Per questi motivi Kac nel 1999 introduce la genetica nella sua arte dando vita alla Transgenic Art[10].

La Transgenic Art fa uso di tecniche proprie dell’ingegneria genetica, che permettono di trasferire geni sintetici in un organismo o trasferire del materiale genetico da una specie all’altra, allo scopo di creare nuove forme di vita ed integrarle in società. La natura di questa espressione artistica, infatti, è definita non soltanto dalla nascita e dalla crescita di una nuova pianta o di un nuovo animale, ma soprattutto dalla relazione tra l’artista, il pubblico e l’organismo transgenico[11]. Eduardo Kac evidenzia come dietro ogni lavoro transgenico ci sia sempre un grande impegno ed una forte responsabilità nei confronti delle creature che vengono messe al mondo. Gli esseri transgenici da lui creati sono in salute e in grado di adempiere a tutte le funzioni primarie come un organismo naturale. Infatti, le due tecniche di ingegneria genetica utilizzate fino ad oggi da Kac, o meglio, dai suoi collaboratori, sono procedimenti consolidati ormai da anni in campo scientifico. La  prima tecnica consiste nella creazione di un gene sintetico utilizzando le lettere delle basi azotate che compongono il DNA come se fosse un codice traducibile. Successivamente il gene sintetico viene inserito all’interno del genoma dell’essere in questione, sia esso un battere, una pianta o un animale.

La seconda tecnica, invece, riguarda l’inserimento di una proteina, la EGFP (Enhanced Green Fluorescent Protein)[12] nel gene di un organismo. La particolarità di questa proteina sta nel fatto che la sua presenza fa sì che l’essere emani fluorescenza se esposto ai raggi U.V. o alla luce di Wood. Questo procedimento, utilizzato in svariati esperimenti scientifici,  non modifica nulla della morfologia o del funzionamento dell’essere, semplicemente rende evidente l’avvenuta manipolazione grazie alla fluorescenza di questa proteina.[13]

 Tutto ciò per rendere chiaro che lo scopo primario dell’arte di Kac è quello di mettere in relazione l’organismo transgenico con la società e non di fare spettacolo attraverso la creazione di nuove forme di vita.

Genesis

Genesis è il nome del primo lavoro transgenico di Eduardo Kac. L’opera venne commissionata da Ars Electronica ’99, a cavallo tra il 1998 e il 1999, e presentata per la prima volta dal quattro al diciannove settembre del 1999 presso l’ O.K. Center for Contemporary Art di Linz. Attraverso quest’opera l’artista riflette sull’intricata relazione tra biologia, esseri viventi, tecnologia informatica, interazione dialogica, etica ed internet[14]. Per poter coinvolgere discipline così specifiche e differenti tra loro, Kac si avvale di esperti collaboratori, tra cui tecnici e scienziati[15], al fine di mettere in pratica la sua poetica.

Genesis, nella sua complessità, si sviluppa in diverse fasi. La prima riguarda la creazione di un gene sintetico, ovvero un gene che non può esistere in natura. Kac, provocatoriamente, lo chiama ’gene d’artista’, non solo perché è stato egli stesso ad inventarlo, ma anche riferendosi all’attitudine che c’è tra scienziati e sociologi di connettere la semplicità di un gene alla complessità di determinati comportamenti umani.[16] Per creare il gene sintetico Kac si serve di un passo biblico tratto dalla Genesi (da cui prende il nome l’opera stessa) in cui si recita: ’Let man have dominion over the fish of the sea, and over the fowl of the air, and over every living things that moves upon the earth ." [17] Il passo è stato scelto per la sua implicazione, di dubbia origine (divina?), riguardante la questione della supremazia umana su tutta la natura. L’intento di Kac è quello di tradurre questa frase dal linguaggio umano a quello ’genetico’ delle cellule. Per rendere possibile l’operazione, la frase biblica viene tradotta, in un primo momento, in codice Morse (Il telegrafo, come primo mezzo radiotelegrafico, rappresenta la genesi della comunicazione globale).

Molto più complesso risulta invece il momento successivo in cui, usando il codice Morse come un algoritmo, la frase viene tradotta nel codice del DNA. Il DNA, infatti, è una lunga molecola con struttura a doppia elica costituita da quattro componenti essenziali, le cosiddette basi azotate, che vanno sotto il nome di adenina (A), guanina (G), timina (T) e citosina (C). Ognuna delle due eliche del DNA è costituita da una combinazione di A, T, G, C.[18]  Eduardo Kac utilizza le lettere delle basi azotate per la sua traduzione facendo corrispondere il punto del codice Morse alla C, la linea alla T, lo spazio tra le parole alla A e lo spazio tra le lettere alla G. Una volta compiuta la traduzione da Morse a DNA, il gene sintetico è pronto. Nelle seguenti figure vengono riportate le diverse traduzioni al fine  di rendere più chiari questi passaggi:

 Figura I : Traduzione dall’inglese al codice Morse.
Figura I : Traduzione dall'inglese al codice Morse

 Figura II: Traduzione in codice del DNA (gene sintetico)
Figura II: Traduzione in codice del DNA (gene sintetico) [19]

Una volta creato il gene, la seconda fase del lavoro consiste nel clonarlo all’interno di plasmidi[20] e successivamente incorporare questi plasmidi, contenenti il ’gene d’artista’, in batteri E.coli.[21] La particolarità di questi batteri sta nel fatto che i loro geni sono provvisti di una proteina naturale, la GFP, che li rende verdi fluorescente se esposti alla luce ultravioletta. Ai batteri contenenti il gene sintetico viene alterata la colorazione da verde a blu (ECFP: Enhanced Cyan Fluorescent Protein), successivamente questi vengono messi insieme ad altri batteri E.coli privi del gene sintetico, la cui colorazione viene alterata in giallo (EYFP: Enhanced Yellow Fluorescent Protein)[22]. In contatto gli uni con gli altri questi batteri interagiscono tra loro dando vita a tre possibili mutazioni, visibili sempre attraverso i raggi UV:

1- I batteri blu (ECFP) donano i loro plasmidi a quelli gialli (EYFP) e  

    viceversa. Da questo scambio scaturiscono nuovi batteri di colorazione  

    verde(EGFP).

2- Non avviene nessuna donazione e quindi ogni battere mantiene la sua

    colorazione originaria.

3- I batteri che perdono completamente i plasmidi diventano pallidi, 

     color ocra.

E’ importante sottolineare come queste mutazioni dipendano da diversi fattori quali, il naturale processo di moltiplicazione dei batteri, l’interazione dialogica tra essi e l’attivazione dei raggi U.V. da parte dell’uomo che ne accelera la mutazione.

Durante l’esposizione in galleria i batteri, contenuti in un vetrino da microscopio, sono collocati su di un piedistallo al centro della sala e ripresi costantemente da una piccola videocamera[23]. Tutto ciò è collegato a due computer, uno trasmette in tempo reale il video e l’audio e permette agli utenti on-line di attivare i raggi U.V. a distanza. L’altro sintetizza la musica del ’gene d’artista’ attraverso un mixer creato appositamente e designato alla lettura delle sequenze di DNA[24].

L’interazione dei visitatori, come quella degli utenti on-line, va considerata tra le fasi fondamentali dell’opera, senza la quale il lavoro risulterebbe incompleto. I visitatori, infatti, sono liberi di relazionarsi all’opera nel modo che ritengono più opportuno. Una volta raggiunto il piedistallo però, si trovavano di fronte ad una scelta: accendere la luce ultravioletti per vedere all’interno del vetrino e conseguentemente aumentare la velocità di mutazione dei batteri o non intervenire per evitare di alterare il corso naturale di quei processi. Una volta esposti ai raggi U.V. infatti, i batteri mutano più velocemente, non solo nell’aspetto (cambiamento della colorazione), ma anche nella conformazione genetica. L’azione dei partecipanti, quindi, modificando la combinazione di basi azotate nei batteri (ovvero la traduzione ’genetica’ del passo biblico), ha conseguenze anche sul contenuto della frase della Genesi. L’interazione a questo punto diventa un gesto simbolico: accendere la luce significa non accettare il senso della frase così come era stato tramandato.

Alla fine dell’esposizione la serie di basi azotate mutata viene tradotta nuovamente in inglese. La frase risultante è la seguente: ’Let aan have dominion over the fish of the sea and over the fowl of the air and over every living thing that ioves ua eon the earth’.[25] 

Come risulta evidente, la forma originaria della frase viene modificata, perdendo il senso che aveva avuto per secoli. E’ significativo inoltre notare come la parola man (uomo, ovvero il soggetto del dominio sulla natura), si trasformi in un’altra, priva di significato aan. In questa prospettiva l’uomo, che nel corso della sua esistenza è sempre riuscito ad avere il dominio sopra tutte le altre forme viventi, nel ventesimo secolo, ormai in grado di manipolare anche il codice del DNA, sembrerebbe trovarsi allo stesso tempo nella condizione di soggetto e oggetto del proprio dominio[26]. Anche l’ultima parte della frase muta creando una forte ambiguità. Gli animali che nella frase originale si muovono (moves upon) sulla terra, divengono soggetto di un’azione intraducibile perché inesistente (ioves ua eon). E’ inutile dire che la scelta di tradurre dal linguaggio verbale al codice genetico (nonché il metodo utilizzato) è arbitraria ed è stata compiuta dall’artista in modo provocatorio. Kac correla due discipline decisamente contrastanti tra loro, la religione e la scienza. Così facendo le mette in discussione entrambe. Da un lato rende evidente che ogni traduzione implica un mutamento semantico e quindi fa riflettere sull’attendibilità di un libro che, anche se considerato di origine divina, è stato tradotto, interpretato e ricopiato innumerevoli volte nel corso dei secoli. Dall’altro vuole criticare l’odierna e riduttiva convinzione che vede nel DNA il codice attraverso cui conoscere i segreti della vita.

Con la paradossalità del suo gene d’artista, reale e simbolico nello stesso tempo, Eduardo Kac ci comunica che il significato preminente dell’ingegneria genetica non è la ricreazione della vita, ma la nascita di una nuova soggettività relazionale, di una nuova cultura[27].

Attraverso quest’opera l’aertista avvia un processo di consapevolizzazione per cui l’interazione del pubblico diventa fondamentale. I partecipanti devono divenire coscienti, sentirsi responsabili delle proprie azioni e capire che il loro mondo sta cambiando. I batteri, forme primordiali di vita, oggi sono transgenici e Kac, usandoli direttamente nella sua opera, lo rende evidente portando alla riflessione. Per concludere è interessante evidenziare un altro aspetto significativo di Genesis, tutti gli elementi utilizzati da Kac sono ben lungi dall’essere naturali, gli stessi elementi biologici (i batteri) sono comunque ’mediati’ dalla tecnologia.[28] Pare, infatti, che Genesis voglia sottolineare come tutto ciò che a noi sembra naturale, compresa ogni forma di espressione, sia frutto di una costruzione sociale che sicuramente gioca un ruolo importante nella comprensione della realtà, ma non si può pensare che la esaurisca[29].

GFP Bunny

GFP Bunny è l’opera transgenica più conosciuta di Eduardo Kac, per lo scalpore che ha suscitato in tutto il mondo. Il soggetto del lavoro, infatti, si chiama Alba ed è un coniglio albino che, se esposto alla luce U.V., diventa verde fluorescente. La fluorescenza, come già detto precedentemente, è resa possibile attraverso l’inserimento di un gene, contenente la proteina EGFP, nel DNA dell’embrione del mammifero[30].

Nata nel febbraio del 2000, Alba doveva essere esposta all'interno di AVIGNONumérique nella manifestazione "Artransgénique", dal diciannove al venticinque giugno 2000. La notizia della creazione di un essere vivente transgenico per scopi artistici, però, fece sorgere molte polemiche, tanto che GFP Bunny venne censurata. In molti accusarono Kac, lo definirono ’un folle che si diverte ad incrociare conigli e alghe fosforescenti dando vita a mostri genetici e che crede di essere un'artista’.[31] La sorpresa e le preoccupazioni sollevate dall’opera appaiono comprensibili, ma non tanto da giustificarne la censura. Louis Bec, scienziato, responsabile di AVIGNONumérique, nonchè collaboratore di Kac in questo progetto, giudicò la censura un impedimento ad aver accesso all’evoluzione scientifica e culturale[32]. Quello che Kac e i suoi collaboratori tendono sempre ad evidenziare, infatti, è che la creazione di Alba non è che la prima fase di un lavoro più complesso: GFP Bunny[33]. Il ventiquattro giugno del 2000 si tenne il primo di una serie di dibattiti pubblici in cui si chiarirono le questioni tecniche, etiche e filosofiche che l’opera implicava. Lo scopo era quello di far emergere chiaramente il programma di Eduardo Kac riguardo l’arte transgenica e, nello specifico, GFP Bunny[34].

GFP Bunny è un opera transgenica che si compie in tre fasi diverse. La prima riguarda la creazione e la crescita di un animale transgenico. Come già detto precedentemente, le tecniche utilizzate per questo genere di lavoro sono consolidate da anni e non comportano nessuna anomalia nell’animale. Ogni operazione è fatta con grande cura, consapevolezza e nel pieno rispetto della vita che si sta creando. Le dichiarazioni di Kac non fanno che confermarlo: ’Non riesco a dimenticare il momento in cui, per la prima volta, la tenni tra le mie braccia, il 29 aprile del 2000. Da allora tutta la mia apprensione si tramutò in gioia ed eccitazione. Alba, così la chiamammo di comune accordo io, mia figlia e mia moglie, era affettuosa e molto socievole. Mentre la cullavo, lei infilava la sua testa tra il mio corpo e il mio braccio, cercando una posizione comoda per godersi meglio le mie carezze. Immediatamente mi trasmise un senso di responsabilità per il suo benessere’[35].

Una volta nata e cresciuta, Alba, appariva come un normalissimo coniglio albino, completamente bianco e con gli occhi rossastri. Solo la luce U.V. poteva rivelarne la natura transgenica.

Nella seconda fase del progetto, che non è mai avvenuta a causa della censura, Alba avrebbe dovuto essere presentata pubblicamente. Kac intendeva mostrare Alba al mondo ed avviare un processo di comunicazione interspecie tra l’animale transgenico e l’uomo. Per rendere possibile ciò, il luogo dell’esposizione era stato studiato in modo da massimizzare il confort dell’animale. La sala espositiva era stata arredata come un comune salotto, in cui Alba e Eduardo avrebbero abitato insieme per l’intera durata della mostra. Un tale allestimento ’domestico’ e la presenza perenne di Kac, non solo rendevano evidente la relazione corrente tra i due, ma impedivano che Alba potesse essere vista come un oggetto. Questa situazione, inoltre, preannunciava ciò che sarebbe dovuto accadere alla fine della mostra.

Nella terza fase, infatti, Eduardo Kac e la sua famiglia avrebbero portato Alba a Chicago per farla vivere all’interno della loro famiglia, integrandola definitivamente in società[36]. Dopo la censura, Alba è stata sequestrata e tenuta in cattività in un laboratorio. Da allora non se ne hanno notizie[37].

 E’ importante comprendere che la creazione di Alba non deve essere vista riduttivamente come un evento di spettacolo tecnologico, finalizzato a dare grande visibilità al lavoro di Kac. Alba è sicuramente un animale molto particolare e la sua fluorescenza, non a caso, la rende appariscente, ma è indispensabile capire che essa è solo una parte di un lavoro più complesso. Come più volte ha dichiarato l’artista, egli non è interessato alla creazione di oggetti, ma di nuovi soggetti[38] transgenici. Quello che conta nella Transgenic Art è l’aspetto sociale della biodiversità e non quello formale. L’artista vuole rendere evidente che il DNA non deve essere considerato l’unica via per comprendere la vita.
Egli richiama l'attenzione dell'opinione pubblica su elementi più complessi del discorso sulla genetica. Ad esempio il rapporto tra i geni e l'ambiente in cui si sviluppano, l'identità degli esseri viventi come organismi non solo genetici, il significato di uguaglianza e alterità tra gli esseri viventi, la comunicazione anche genetica tra specie diverse. Secondo Kac non ha importanza come un individuo viene al mondo, ma come la sociètà tratta quell’individuo. ’Dobbiamo comprendere che siamo prossimi a condividere il mondo con nuovi esseri (cloni, creature transgeniche e chimere), sicché dobbiamo preparare noi stessi e la società ad accettarli e ad accoglierli’[39]. L’artista sceglie un coniglio come soggetto del suo lavoro, proprio per metterci di fronte ad un’ambiguità e portare alla riflessione. L’idea che tutti hanno del coniglio, considerato un animale familiare, innocuo e decisamente poco coraggioso, viene qui associata all’attuale timore che tutti hanno dei ’mostri transgenici’, creando quasi un paradosso. Inoltre, come egli stesso spiega ampiamente[40], i conigli sono una specie che l’uomo modifica da secoli, attraverso sistemi di ibridazione ed allevamento selettivo. Oggi, è necessario prendere consapevolezza del fatto che, con i mezzi e le possibilità offerti dalla biotecnologia, il medesimo atteggiamento può portare alla creazione di conigli transgenici.

 GFP Bunny va considerato come un evento sociale complesso, costituito anche dal dibattito culturale che ha causato. La censura, in un certo senso, non fa che rendere evidente la necessità di fare chiarezza su determinate realtà che ormai caratterizzano la nostra attualità, ma allo stesso tempo ci colgono impreparati.

Il lavoro di Kac ha il merito di aver portato al dialogo diverse discipline (arte, scienza, filosofia, legge, comunicazione e sociologia) e professionisti. Quindi si può affermare che, nonostante la censura, GFP Bunny sia stato in grado di stimolare la riflessione su concetti non solo estetici, ma anche di attualità e, quindi, fortemente rilevanti per la realtà sociale.[41] Questo è dovuto sicuramente al fatto che, anche dopo la censura ed il sequestro di Alba, Eduardo Kac ha continuato a far parlare di essa attraverso una serie di interventi artistici.

Nel dicembre 2000, ad esempio, camminò per le strade di Parigi affiggendo poster in cui lo si vedeva tenere tra le braccia Alba. In ogni poster, inoltre, veniva riportata, in caratteri verde fluorescente, una parola (scelta tra etica, arte, famiglia, scienza, media e religione), in modo da ricondurre alle discipline che l’arte transgenica coinvolge. In un’altra occasione, esattamente nel maggio del 2003 a Nantes, Kac tappezzò un muro con immagini di Alba fluorescente ed intitolò l’installazione ’Le lieu unique’[42]. Questi interventi, come molti altri[43], vogliono ovviare alla mancanza di Alba e far sì che il progetto di Kac riesca comunque nel suo intento di stimolare il dibattito su determinate questioni, prescindendo da ogni giudizio.

The Eighth Day

Dopo due anni di lavoro presso l’Institute for Studies in the Arts dell’Arizona State University, venne presentata, nell’ottobre del 2002, l’opera transgenica più ambiziosa di Kac, The Eighth Day. Come per i precedenti lavori, l’artefatto si realizza grazie ad un lungo lavoro collettivo, in cui il progetto di Kac è messo in pratica da una serie di collaboratori esperti in diverse discipline. Come lui stesso afferma in varie occasioni, l’opera non potrebbe esistere senza l’aiuto di ognuno di loro[44].

Il titolo scelto, The Eighth Day, rimanda ancora una volta alla Genesi biblica e, più precisamente, alla creazione della terra, avvenuta, come si narra, per mano di Dio in sette giorni. Eduardo Kac, attraverso questo titolo, vuole alludere ad un ’ottavo giorno della creazione’ in cui è l’uomo stesso a creare nuove forme di vita[45]. Anche The Eighth Day, infatti, è un’opera che si compone, tra i vari elementi, di esseri geneticamente modificati, messi al mondo in laboratorio dai collaboratori di Kac.

Come per la precedente opera transgenica, la mutazione genetica degli esseri consiste nella loro fluorescenza, ottenuta attraverso la presenza della proteina GFP all’interno del genoma delle creature. In questo caso, però, gli esseri fluorescenti sono svariati ed appartengono a diverse specie: topi GFP, pesci zebra GFP e piante di tabacco GFP.

Tutte le forme di vita fluorescenti, sopra citate, sono collocate insieme all’interno di una cupola di plexiglas (larga circa centoventi centimetri), una sorta di ’universo artificiale’ creato appositamente per permetterne la vita e l’interazione.

Oltre a questi esseri, ’l’universo artificiale’ è abitato anche da quello che probabilmente è l’elemento più particolare dell’opera, un biobot, che è un robot che funziona attraverso componenti biologiche[46]. Il biobot in questione è costituito da un recipiente in vetro soffiato (alto circa trenta centimetri) posizionato su sei gambe robotiche articolate. All’interno di questo suo ’corpo’ di vetro sono presenti una serie di componenti elettroniche ed un apposito vetrino contenente una colonia di Dyctyostelium discoideum, un particolare tipo di ameba. Anche le amebe sono transgeniche ed appaiono fluorescenti (EGFP), ma esse svolgono anche un’importante funzione nel biobot tanto da esserne considerate il ’cervello’.[47] La peculiarità di questi esseri, infatti, sta nel fatto che, durante il loro ciclo di vita, cambiano morfologia drasticamente[48]. A tali mutamenti corrispondono una serie di movimenti predefiniti del biobot. Quest’ultimo è fornito anche di due telecamere, una posta all’interno del ’corpo’ di vetro in modo da rendere visibili le amebe, l’altra, invece, collocata  sopra ad esso per permettere la visione all’interno della cupola.

 Durante l’esposizione i visitatori hanno la possibilità, attraverso un’interfaccia, di interagire e muovere il biobot. In questo modo, adottando il suo punto di vista, hanno modo di vivere in prima persona l’esperienza all’interno di quel mondo fluorescente. Un altro sistema di telecamere collegato al web, permette di seguire on-line in tempo reale ciò che accade ad ogni singolo essere[49].

Nel complesso The Eighth Day si presenta come un piccolo ecosistema, finalizzato all’indagine della nuova ecologia degli esseri fluorescenti[50]. Eduardo Kac è convinto che l’uomo e gli animali stiano evolvendo in un nuovo modo e che la presenza massiccia di esseri transgenici nella nostra società ne sia un esempio.[51] Per questo in The Eighth Day egli sottolinea e drammatizza questa situazione presentandoci un ’mondo’ popolato da esseri transgenici e un biobot. L’evoluzione che sta prendendo piede, infatti, non è naturale, ma è frutto di un intervento umano che Kac rende evidente attraverso la proteina fluorescente.

Permettendo ai visitatori di avere una visione non solo oggettiva (guardando la cupola di plexiglas da fuori), ma anche soggettiva (’entrandovi’ per mezzo del biobot), Eduardo Kac ci proietta in quello che lui immagina sarà il nostro futuro portandoci ad una presa di coscienza più immediata.

Attraverso la sua opera l’artista riflette sul fatto che il ruolo dell’uomo nella storia dell’evoluzione dovrebbe ormai essere riconosciuto. Creando un ’mondo’ popolato da biobot ed esseri transgenici egli mette in discussione il concetto romantico di ’naturale’ inteso in senso di selvatico. Ciò che è selvatico al giorno d’oggi è anche raro e spesso a rischio di estinzione. Tutto il resto, che noi consideriamo naturale, è in realtà frutto di un intervento umano che oggi riguarda anche la manipolazione genetica. La tassonomia delle forme viventi attuale è messa in crisi da queste nuove presenze ed è da considerarsi superata. Il concetto stesso di vita è cambiato[52].

Se con Alba Kac ci poneva di fronte ad un essere transgenico, ora in The Eighth Day, egli fa un passo avanti e ci presenta un vero e proprio ecosistema transgenico. L’arte di Eduardo Kac funge, in un certo senso, da mediatrice tra l’elite scientifica e la massa popolare. Di fronte allo stupore che suscitano le sue opere, infatti, da un lato si prende coscienza riguardo le possibilità offerte dalle nuove tecnologie, dall’altra ci si rendere conto di come troppo spesso certe informazioni non escano dai laboratori e siano guidate da un cieco razionalismo e da interessi capitalistici.

Move 36

Move 36 è l’opera transgenica più recente realizzata da Eduardo Kac. La prima esposizione, infatti, risale al febbraio del 2004 all’Exploratorium di San Francisco, mentre l’ultima si è conclusa alla fine di ottobre di quest’anno alla Galerie Biche de Bere di Parigi. Il titolo dell’opera si riferisce alla celebre partita di scacchi del 1997 in cui Gary Kasparov, il miglior giocatore di scacchi del mondo, venne battuto da un computer chiamato Deep Blue. Alla trentaseiesima mossa, il computer, invece di muovere la regina per un attacco, come tutti si sarebbero aspettati, sorprese con un’azione astuta che lo portò alla vittoria.

L’avvenimento è considerato molto significativo in quanto vede per la prima volta, in questo contesto, un computer battere un uomo. Kac scrive: "Ero affascinato da quello che la partita significava filosoficamente. Era la prima volta che un computer mostrava di pensare come solo un uomo avrebbe potuto fare.’[53]  Attraverso  Move 36  Kac vuole far luce sui limiti della mente umana e le capacità in rapida crescita che invece stanno sviluppando computer e robot[54].

L’installazione appare come una grande scacchiera i cui quadrati neri sono fatti di terra (a rappresentare la vita), mentre quelli bianchi sono fatti di sabbia (diossido di silicio[55]). In questo modo Kac sembra voler fare una distinzione tra ciò che è da considerarsi vivente e ciò che è basato sul composto del silicio, mettendo nuovamente in discussione la definizione di essere vivente[56].

In uno dei quadrati neri della scacchiera, corrispondente a quello in cui Deep Blue fece la sua mossa vincente, Kac fa crescere una pianta di pomodoro. La particolarità di questa pianta è che all’interno del suo corredo genetico è presente un gene sintetico creato in laboratorio dallo staff dell’artista.

Il gene prende il nome di ’gene di Cartesio’ perché creato partendo dalla celebre frase del filosofo seicentesco ’Cogito ergo sum’. Utilizzando il codice ASCII[57] la sentenza viene tradotta dal latino in codice binario. Successivamente, alla stregua di Genesis, dal codice binario si passa alla traduzione in codice DNA. Attraverso un sistema creato appositamente per l’occasione si fa corrispondere alla base azotata A lo 00, alla C lo 01, alla G il 10 e alla T il 11. Il risultato di queste operazioni corrisponde alla struttura del gene sintetico: ICAATCATTCACTCAGCCCCACATTCACCCCAGCACTCATTCCATCCCCCATC .

Per rendere evidente la natura transgenica della pianta, Kac accoppia il gene sintetico ad un altro, i cui effetti sono visibili anche ad occhio nudo. Tale gene, infatti, agisce facendo sì che le foglie della pianta di pomodoro di Move 36 crescano piegandosi in modo anormale. In ogni foglia arricciata quindi si attesta la presenza dell’intervento umano.

La creazione del ’gene di Cartesiano’ va considerato un gesto ironico e di critica da parte di Kac. Cartesio, infatti, fondatore della filosofia moderna, da un lato può essere considerato colui che diede nuovo impeto ai fondamenti matematici che ci hanno portati alla tecnologia odierna, dall’altra il dualismo della sua filosofia lo porta a pensare ad una netta scissione tra il corpo e la mente. Se mente e corpo vanno intesi separatamente e se un essere pensante esiste in quanto pensa, allora anche i computer che pensano, esistono. La presenza del ’gene cartesiano’ nella pianta, quindi, vuole rivelare e mettere in discussione i sottili limiti che separano l’umanità dagli gli oggetti inanimati che ormai riescono a svolgere funzioni vitali e pensare (intelligenza artificiale)[58].

Move 36 si completa poi con due schermi che, appesi su pareti opposte, raffigurano due scacchiere in cui ogni quadrato è costituito da differenti video ’in loop’ che si alternano ad intervalli irregolari, quasi ad evocare una partita di scacchi tra fantasmi[59].

Attraverso Move 36, Eduardo Kac prosegue nel suo intento di esplorare i confini tra ciò che è vivente (uomo, animale) e ciò che non è vivente (macchina, network), suggerendo una via alternativa alla comprensione dei fenomeni di comunicazione, nella direzione di una comunicazione dialogica al di là della visione antropocentrica a cui siamo legati[60].

GFP K-9

GFP K-9 è il nome del progetto dell’ultima opera transgenica di Eduardo Kac. Dopo Alba, il coniglio fluorescente, l’artista brasiliano progetta un cane transgenico GFP. Come è già stato chiarito per GFP Bunny, anche in GFP K-9 la creazione di un cane fluorescente non è che la prima fase di un progetto che ha come prospettiva l’avvio di un processo di comunicazione interspecie tra l’animale transgenico e chiunque entri in contatto con esso.  La natura del lavoro, infatti, è definita dalla nascita e crescita di un cane transgenico GFP e dalla sua integrazione sociale che avviene, inizialmente attraverso una sua presentazione in pubblico e, successivamente, tramite l’inserimento all’interno di una famiglia come animale domestico.

Il cane è considerato l’animale domestico per eccellenza. Il suo temperamento empatico piuttosto che egocentrico, lo porta ad essere molto predisposto all’integrazione sociale. E’, come lo definisce Kac ’la quintessenza dell’animale dialogico’[61]. Per questo egli lo sceglie come soggetto di un lavoro che ha come fine quello di abituarci all’idea di condividere il nostro mondo con esseri transgenici. 

Anche se è già stato chiarito più volte, è bene sottolineare come la creazione di un animale transgenico fluorescente venga sempre effettuata con la massima responsabilità ed utilizzando tecniche ormai conosciute ed innocue per la salute del mammifero. Indipendentemente dalla sua alterazione genetica, infatti, il cane mangerà, dormirà, giocherà ed interagirà con gli altri animali, come un normale cane domestico.

 GFP K-9 verrà creato attraverso un sistema detto microiniezione che consiste nell’inserimento del DNA, contenente la proteina GFP, all’interno di un embrione pronucleare. Dopo vari procedimenti l’embrione verrà impiantato nell’utero di un cane femmina ’ospite’. Come risultato, parte della cucciolata che nascerà esprimerà il gene GFP[62].

Il progetto, però, è ancora ben lungi dall’essere realizzato a causa dei vari ostacoli che rallentano il lavoro. Uno tra questi è la difficoltà nell’avere una mappatura completa del genoma canino[63] che permetterebbe una maggiore precisione nel lavoro a livello morfologico e comportamentale dell’animale[64].

Figura III: Tecnica di microiniezione
Figura III : Tecnica di microiniezione [65]

Conclusioni

Come è stato ripetuto più volte nel corso di questo lavoro, lo sviluppo sempre più rapido della ricerca genetica e delle biotecnologie, rappresenta una nuova frontiera destinata a mutare moralmente, socialmente e politicamente la civiltà attuale. Le problematiche che scaturiscono dalle possibilità offerte da queste nuove discipline, rendono evidente come il progresso scientifico odierno prescinda dalla capacità dell’uomo di comprenderlo, metabolizzarlo ed assumerlo nella propria sfera di valori e nell’organizzazione sociale. E’ ormai da molti anni che esperti in diversi ambiti specializzati vacillano nel buio di fronte alle scoperte che escono quotidianamente dai laboratori. Lo sviluppo è così rapido ed esponenziale che il nostro sistema sociale non riesce a rispondere tempestivamente alle sollecitazioni che ne provengono.

Di qui l’importanza e l’urgenza di cercare un linguaggio comune che consenta di aprire un dialogo e un confronto tra differenti discipline, in modo da colmare la distanza creatasi tra scienza ed etica e meglio comprendere cosa ci riserverà il nostro futuro.

La Trangenic Art di Eduardo Kac sembra avere tutte le premesse necessarie per rientrare nella sfera di discipline in grado di adempiere a questo compito. In questi ultimi trent’anni Kac ha sempre utilizzato tecnologie emergenti nella sua arte, proprio perché consapevole dei mutamenti già verificatisi per effetto dell’uso di questi nuovi strumenti. Questo percorso artistico lo ha portato inevitabilmente verso una disciplina come l’ingegneria genetica che non può non essere considerata viste le implicazioni culturali che comporta. Come si è potuto constatare, infatti, l’artista, usufruendo degli strumenti offerti dall’ingegneria genetica nella sua arte, non fa altro che indagare sulla natura degli stessi e sugli effetti che essi hanno nel panorama sociale. Creando esseri transgenici egli non apporta alcuna novità dal punto di vista scientifico, al contrario ci pone, provocatoriamente, di fronte a realtà spesso occultate che necessitano di essere affrontate. A questo proposito le varie tipologie di interazione presenti nelle sue opere devono essere viste proprio come metodi per rendere cosciente e responsabile l’utente in modo immediato. Infatti le reazioni e il dibattito che scaturiscono dalla presentazione pubblica delle sue opere transgeniche sono parte dell’opera stessa nonché uno dei suoi fini.

Il timore e le polemiche che emergono dall’applicazione in campo artistico di tecniche d’ingegneria genetica (sulle quali già sussistono dubbi etici), sono giustificabili. Resta il fatto che la Transgenic Art, come tutta l’arte in generale ha sempre fatto, utilizza gli strumenti che la cultura, a seconda del periodo storico, le offre. Se oggi gli strumenti comprendono anche le tecniche d’ingegneria genetica non c’è motivo per cui l’arte non possa attingere anche ad essi, a maggior ragione se può contribuire ad una diffusione di informazioni e alla creazione di un dibattito pubblico a riguardo.

APPENDICI

GFP Bunny

The Eighth Day

Move 36

GENESIS

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